Ford e Indianapolis: 500 miglia di successi

Le memorabili pagine dell’Ovale Blu nel tempio della velocità 

500 miglia di Ford, 500 miglia di successi. Domenica 28 maggio si disputerà la 107.esima edizione della “500 miglia di Indianapolis“. Una delle gare più celebri al mondo, sintesi di velocità e adrenalina per eccellenza, ambita da tutti i piloti e appuntamento immancabile per tutti gli appassionati.

Solita corrersi nel fine settimana del “Memorial Day”, la giornata che ricorda i soldati americani caduti in guerra, è valida per la “IndyCar Series”. Cioè il principale campionato di corse automobilistiche a ruote scoperte degli Stati Uniti, in pratica l’equivalente della Formula-1 oltreoceano.

Teatro della sfida, è il circuito ovale di Speedway, a pochi chilometri da Indianapolis, nello Stato dell’Indiana. Lungo 2,5 miglia, con quattro curve sopraelevate da 9°, è da percorrere per 200 giri dalle trentatré vetture ammesse al via.

500 miglia Ford
500 miglia Ford

La prima edizione si corse nel 1911 e ben presto la “500 Miglia” si impose come una delle competizioni icona delle quattro ruote.

Merito della particolarità del tracciato, un tempio della velocità, che esalta e premia il coraggio e la sensibilità dei piloti. Chiamati a tenere il piede sempre sull’acceleratore dallo start alla bandiera a scacchi. Perché il telaio, prodotto dall’italiana Dallara, è uguale per tutti. Come il motore, sempre un V6 biturbo indipendentemente che sia Honda o Chevrolet.

Ciò che conta quindi è la capacità di chi è al volante nel disegno delle traiettorie, nella lucidità di lettura delle diverse fasi della gara, nella resistenza alla stanchezza (in media dura sempre più di 2h) e nella capacità di sfiorare i muretti di cemento a 230 mph (370 km/h)!

Ford ha scritto pagine memorabili di questa manifestazione. I propulsori dell’Ovale Blu si sono aggiudicati l’Oscar per la colonna sonora in otto edizioni, quasi tutte speciali perché relative a eventi entrati nella memoria dell’intero motorsport.

Come nel 1965. Quando a vincere, fu lo scozzese Jim Clark a bordo della sua Lotus. Un successo passato agli annali per almeno quattro motivi. Intanto, fu il primo di Ford a Indy. Poi, il primo di un pilota europeo e il primo di una monoposto col motore installato al posteriore invece che all’anteriore. Ma, soprattutto, fu la prima e unica volta in cui il vincitore della “500 Miglia” si aggiudicò anche il campionato del mondo di Formula-1 nello stesso anno (sempre col team di Colin Chapman e sempre con Ford). Un’accoppiata pressoché impossibile da realizzare al giorno d’oggi.

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Qualche speranza in più invece per la “Triple Crown“, il simbolico quanto prestigioso riconoscimento assegnato a chi, oltre che nel catino dell’Indiana, primeggia pure nel Gran Premio di Monte-Carlo e nella 24 Ore di Le Mans.

Un alloro che però finora ha cinto la testa di un solo pilota: Graham Hill. L’inglese, al volante di una Lola, sbancò Indy nel 1966. A spingerlo, un Ford V8 a 90°. Già pluridecorato nel Principato di Monaco (cinque successi), incastonò la gemma mancante per l’ambito riconoscimento con la 24 Ore di Le Mans del 1972. Tra il 2017 e il 2020, Fernando Alonso ha provato a emularlo senza però riuscirci.

I “magnifici Sessanta” di Ford non erano però finiti. Nel 1967, toccò ad A. J. Foyt, idolo delle folle a stelle e strisce, iscrivere il suo nome nell’albo d’oro per la prima di quattro volte, che lo fanno ancora oggi uno dei più decorati della competizione. E nel 1969 fu il turno di un altro fuoriclasse del volante: Mario Andretti. L’italo-americano, a bordo di una Hawk alla prima e unica gioia, fece esultare i motoristi di Detroit grazie e si consacrò definitivamente alle platee automobilistiche. Anche lui, come Clark e Graham Hill, si ripeté in Formula-1: nel 1978 e sempre con un V8 Ford alle spalle.

Gli anni Settanta si aprirono con la doppietta di un altro veterano dei motori a stelle e strisce, Al Unser, membro di una dinastia di piloti capaci di imporsi a Indy più volte nell’arco di un trentennio.

Poi, per avere di nuovo Ford con le mani sul fastoso “Borg Warner-Trophy”, che riproduce anche l’effige del vincitore e la velocità media del suo trionfo in miglia orarie, si dovrà aspettare la metà degli anni Novanta.

ford 500 miglia

Particolare la vittoria del 1995. A esultare alla sua prima partecipazione fu un giovane Jacques Villeneuve, alla guida di una Reynard Ford-Cosworth. Partito come outsider, il figlio dell’indimenticato Gilles sorprese tutti e sovvertì i pronostici con una gara magistrale. Quella vittoria fu il suo biglietto da visita, che l’anno successivo gli spalancò le porte della Formula-1.

Fu sempre un canadese, Buddy Luzier, nel 1996, l’ultimo pilota Ford a transitare per primo sulla brickyard, la linea del traguardo in mattoncini di porfido. Una particolarità per ricordare il manto stradale delle origini, composto da due milioni e trecentomila blocchetti di questo materiale.

Tra le originalità della “500 Miglia“, anche la bottiglia di latte consegnata al vincitore sul podio. A Indy, infatti, niente birra o champagne.

Una tradizione iniziata nel 1936, quando il vincitore, Louis Meyer, fu fotografato mentre beveva una bottiglia del suo latte ghiacciato, in omaggio a quanto gli aveva raccomandato la mamma per le giornate più calde. L’idea piacque molto alle aziende casearie e da quel momento divenne un rituale della manifestazione. Tanto che, prima del via, ai piloti viene chiesto se lo desiderano intero, scremato o parzialmente scremato. Come dai migliori nutrizionisti. Alla faccia di chi dice che le corse mettono a repentaglio la salute…

ford 500 miglia