Mobilità elettrica

Svolta in arrivo per le stazioni di ricarica 

Dovrebbe essere a una svolta la mobilità elettrica in Italia. Il 21 dicembre 2020 la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati ha approvato un emendamento che obbliga, entro centottanta giorni, i concessionari autostradali a installare ogni cinquanta chilometri una colonninaultra-fast”, in grado di erogare una ricarica di oltre 100 kW e consentire un pieno di energia in pochi minuti. Questo provvedimento va incontro alla disposizione europea che obbligava l’Italia a definire entro il 2020 una regolamentazione per l’installazione delle infrastrutture di rifornimento alternativo (direttiva DAFI).

Ma soprattutto dovrebbe risolvere l’annoso problema delle stazioni di ricarica. Secondo i dati EAFO (European Alternative Fuels Observatory), l’osservatorio europeo sulla mobilità alternativa, attualmente sul nostro territorio ci sono appena 13.381 colonnine. Un numero molto basso e che fa impallidire se confrontato con altri Paesi europei, specialmente quelli del Nord. In Gran Bretagna soltanto nel 2020 erano presenti circa 37.000 postazioni, il doppio rispetto al 2018. Ancora più avanti la Norvegia, dove addirittura il parco vetture vede quelle a batteria in maggioranza (54%) rispetto a quelle a combustione e le pompe di carburante smantellate per lasciar posto agli attacchi per le prese elettriche. Se è pur vero che queste due nazioni sono svincolate dall’eurozona e di recente anche dall’Unione Europea (Brexit), le cifre provenienti da Germania (44.700) e Svezia, che ha una popolazione pari alla Lombardia (10 milioni) e dove ci sono 10.000 impianti per una flotta elettrica di 107.000 macchine (1 ogni 10), sono indicative su come aldilà delle Alpi la mobilità sostenibile sia un orizzonte sempre più concreto.

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Dalla quantità alla qualità. Oltre a una presenza deficitaria i problemi delle colonnine italiane sono la loro distribuzione sul territorio e la loro efficienza. Ben oltre la metà di esse si trovano al Nord Italia (56%) con le rimanenti sparse tra il Centro (23%), il Sud e le isole (21%). Una disomogeneità accompagnata da una capacità molto ridotta. Perché la maggior parte di loro, il 95%, sono della tipologia AC (Corrente Alternata) ed erogano una potenza tra i 23 e i 47 kW. Valori penalizzanti per il pieno della batteria, che necessita di molte ore. Al punto che se la potenza dovesse essere ancora più bassa, per esempio sotto i 7,4 kW (cioè il 22.4% delle strutture esistenti), s’impiegherebbe meno tempo per fare un viaggio in autostrada da Roma a Milano.

Gli esemplari a corrente continua, ribattezzati “fast”, cioè dai 50 kW in su, sono appena il 3.1%. E hanno un problema non di poco conto. In autostrada ce ne sono appena dieci in un tratto di circa cinquanta chilometri lungo l’A22 (Autostrada del Brennero). Ancora peggio la situazione delle cosiddette “ultrafast”, capaci di garantire un gettito di oltre 100 kW, allo stato attuale vere e proprie reliquie visto che se ne contano tra le 650 e le 700 su tutta la rete stradale nazionale. Con la particolarità che la maggior parte di loro non sono sempre d’immediato e pratico accesso perché situate all’interno di aree private come le sedi Enel.

Ma perché l’Italia finora è rimasta così indietro su un versante che rappresenta il futuro della mobilità su quattro ruote? Almeno per due motivi. La poca sensibilità al fenomeno da parte delle singole amministrazioni comunali. E il disinteresse sia dei gestori di energia, che finora non hanno avuto particolari convenienze a investire nelle postazioni di ricarica, che dei concessionari della rete autostradale, che non erano obbligati ad averle.

La delibera governativa fa ben sperare per la tanto sospirata inversione di marcia. Anche perché se i concessionari autostradali dovessero rifiutarsi, le colonnine potranno essere installate da qualsiasi soggetto, pubblico o privato, interessato. Come dovrebbe avvenire a Milano, dove il consiglio comunale ha di recente approvato il “Regolamento per la qualità dell’aria” che prevede, a partire dal 2023, la presenza almeno di una di loro in ogni distributore del territorio.

Adeguarsi è quindi indispensabile. Anche perché la mancanza d’investimenti nei servizi necessari per beneficiare a pieno dell’elettrico svuota di significato le campagne promozionali sulla green mobility e, soprattutto, gli ecoincentivi statali per l’acquisto di auto ecologiche.

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