“Plastic Road”: quando la plastica sposa l’ambiente

Come combattere l’abuso di plastica? Semplice: passandoci sopra. Nel vero senso della parola. Ed è indifferente se con l’auto, in scooter, a piedi, in bicicletta o per trasportare merci. Perché le strade di plastica sono la frontiera per trasformare uno dei principali nemici dell’ambiente in una risorsa per un futuro più economico e più green.

A prima vista surreale o inverosimile, questa soluzione per la viabilità è sempre più crescente in più parti del globo. All’India che l’ha scelta già da vent’anni, pavimentando oltre 100.000 chilometri con una colla polimerica ricavata da rifiuti di plastica triturati, nel corso del tempo si sono aggiunti diversi Paesi, fra i quali anche l’Italia.

In Europa l’idea ha preso piede soprattutto in Olanda. Precisamente a Zwolle, città di oltre 100.000 abitanti a 110 chilometri da Amsterdam, nella quale l’11 settembre 2018 è stata inaugurata la prima “Plastic Road”: una pista ciclabile lunga trenta metri, corrispondente circa a 218.000 bicchieri e 500.000 tappi di plastica, partorita dalle menti di Simon Jorritsma e Anne Koudstaal, due tecnici di KWS, azienda leader nella produzione di materiali plastici e partner del progetto insieme a Wavin, altro esponente del settore, e l’azienda petrolchimica francese Total.

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Replicato anche nello sperimentale Giethoorn (piccolo centro nelle regioni del nord quasi interamente pedonalizzato), questo progetto fiorito nella terra dei tulipani è un’interessante alternativa ecologica all’asfalto che, emettendo particelle di CO2 (se ne calcolano 27 kg per ogni tonnellata), provoca il triste fenomeno delle isole di calore, cioè l’aumento di temperatura nelle aree urbanizzate.

Nel 2017 anche la Scozia aveva inaugurato la sua prima “Plastic Road“. Merito della start up “MacRebur“, che ha perfezionato un procedimento per la produzione di pellet polimerici al posto di una parte del bitume.

Da noi invece si è fatto ricorso a dei polimeri termoplastici nella pavimentazione di diversi aeroporti, fra i quali il “Marco Polo” di Venezia, mentre sull’Ardeatina, strada a elevata percorrenza alle porte di Roma, troviamo oggi il primo tratto al mondo costruito con un supermodificante in grafene e plastica riciclata, il “Gipave”, alla cui creazione ha collaborato anche l’università “Bicocca” di Milano.

Ma oltre a quelli ambientali, quali sono i vantaggi delle plastic road? Composte da materiale PET riciclato e formate da componenti modulari leggeri, facili da spostare e veloci da installare, hanno tempi di costruzione ridotti del 70% rispetto alle arterie stradali che siamo abituati a conoscere.

La loro conformazione, oltre a permettere l’installazione sotterranea di tubi e cavi, faciliterebbe il rifacimento della segnaletica e richiederebbe una manutenzione più semplice e dilatata nel tempo. Si calcola infatti che in virtù della maggior resistenza della plastica, come dimostrato dalle strade indiane che non hanno accusato il minimo cedimento nonostante il transito dei veicoli, questo tipo di carreggiata possa durare almeno tre volte di più rispetto ai tempi richiesti dall’asfalto prima di essere sottoposto a interventi aggiustatori.

La plastica inoltre reagisce meglio alle intemperie, sopportando temperature oscillanti tra un massimo di 80°C e un minimo di -40°C, e ridurrebbe al minimo la presenza di pozzanghere e il rischio di acquaplaning, perché filtrerebbe l’acqua piovana senza ricorrere all’ausilio dei tombini.

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Zwolle sarà un test molto importante per quella che si propone come una frontiera per il futuro, se si pensa che sempre in Olanda si è parlato di adottare le plastic road anche per realizzare marciapiedi e parcheggi.

Certo è che al momento questo esperimento, se confrontato con gli otto milioni di tonnellate di PET (dati WWF 2018) che finiscono ogni anno in mare e che contribuiscono alla formazione di pericolosità ambientali – come il Pacific Trash Vortex (noto anche come Garbage Patch), l’enorme chiazza di spazzatura galleggiante in mezzo all’Oceano Pacifico originata dall’accumulo di detriti di plastica riversata dalle correnti dei fiumi di tutto il mondo – dimostra come spesso il problema non sia l’oggetto in sé, in questo caso la plastica, ma l’uso che ne viene fatto. E a decidere, alla fine, è sempre l’essere umano.