Archivi mensili: Febbraio 2021

La svolta epocale di Ford: dal 2030 in Europa produrrà soltanto auto elettriche

La svolta epocale di Ford

Dal 2030 in Europa produrrà soltanto auto elettriche

Il domani dell’automobile in una data: 2030. Quando Ford in Europa si dedicherà esclusivamente alla produzione di vetture elettriche. Lo ha annunciato il 17 febbraio, in una conferenza stampa a Colonia, Stuart Rowley, presidente di Ford Europa.

Una dichiarazione che giunge poche settimane dopo lo sbarco della Mustang Mach-E nel Vecchio Continente e dalla portata sensazionale. Non soltanto per il futuro dell’universo dell’auto, ma soprattutto per quello del pianeta. Perché se un brand di fama internazionale come l’Ovale Blu annuncia lo stop ai veicoli a combustione per uno dei suoi bacini di mercato più ampi, significa che la trasformazione verso un mondo più ecologico non è una formale dichiarazione di intenti. Bensì una realtà sempre più concreta.

Più ragioni alla base di questa epocale decisione. Nell’ultimo biennio Ford ha ridotto di 1 miliardo di dollari i suoi costi strutturali. Ha modificato la strategia dei suoi mercati non performanti con la creazione di una gamma più calibrata sulle aspettative dei suoi clienti. Infine, ha chiuso in attivo il fatturato del 4° trimestre del 2020. Un risultato straordinario, visto che è stato ottenuto nell’anno della pandemia.

Questi successi hanno permesso l’aumento degli investimenti nel processo di elettrificazione della flotta. Al punto che per il 2025 è stato annunciato uno stanziamento di 22 miliardi di dollari. In pratica, il doppio di quanto preventivato in un primo momento.

“Abbiamo ristrutturato con successo Ford Europa e siamo tornati alla redditività nel quarto trimestre del 2020. Ora ci stiamo avviando verso un futuro completamente elettrico in Europa con nuovi veicoli e una customer experience connessa di altissimo livello” ha commentato Stuart Rowley. Che ha aggiunto: “Quest’anno, in Europa, ci aspettiamo di continuare su questo trend fortemente positivo e di restare in linea con la tabella di marcia. Il nostro obiettivo è un margine EBIT del 6% come parte del piano di Ford per trasformare il suo business globale dell’automobile”.

Il 2030 interamente elettrico sarà l’ultimo di una serie di tre significativi step del colosso di Detroit sul tema delle zero emissioni. Nel 2023, sempre dallo stabilimento di Colonia, uscirà la prima Ford 100% elettrica costruita in Europa. Dodici mesi più tardi, invece, tutti i veicoli commerciali, settore nel quale Ford è stata leader nel mondo anche nel 2020, avranno una versione plug-in hybrid o full electric. La stessa sorte nel 2026, sempre per l’Europa, toccherà alle automobili.

“La decisione di rendere il sito di produzione e sviluppo di Colonia il centro della mobilità elettrica per Ford in Europa è un segnale importante per l’intera forza lavoro” ha affermato Martin Hennig, Presidente del Consiglio aziendale generale della Ford-Werke GmbH. “Offre una prospettiva a lungo termine per i nostri dipendenti e allo stesso tempo li incoraggia a contribuire a plasmare questo futuro elettrico”.

La svolta di Ford si ritrova nei programmi di mobilità sostenibile dell’Unione Europea, che al termine del 2019 aveva proclamato l’inizio di

Mobilità elettrica: svolta in arrivo per le stazioni di ricarica

Mobilità elettrica

Svolta in arrivo per le stazioni di ricarica 

Dovrebbe essere a una svolta la mobilità elettrica in Italia. Il 21 dicembre 2020 la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati ha approvato un emendamento che obbliga, entro centottanta giorni, i concessionari autostradali a installare ogni cinquanta chilometri una colonninaultra-fast”, in grado di erogare una ricarica di oltre 100 kW e consentire un pieno di energia in pochi minuti. Questo provvedimento va incontro alla disposizione europea che obbligava l’Italia a definire entro il 2020 una regolamentazione per l’installazione delle infrastrutture di rifornimento alternativo (direttiva DAFI).

Ma soprattutto dovrebbe risolvere l’annoso problema delle stazioni di ricarica. Secondo i dati EAFO (European Alternative Fuels Observatory), l’osservatorio europeo sulla mobilità alternativa, attualmente sul nostro territorio ci sono appena 13.381 colonnine. Un numero molto basso e che fa impallidire se confrontato con altri Paesi europei, specialmente quelli del Nord. In Gran Bretagna soltanto nel 2020 erano presenti circa 37.000 postazioni, il doppio rispetto al 2018. Ancora più avanti la Norvegia, dove addirittura il parco vetture vede quelle a batteria in maggioranza (54%) rispetto a quelle a combustione e le pompe di carburante smantellate per lasciar posto agli attacchi per le prese elettriche. Se è pur vero che queste due nazioni sono svincolate dall’eurozona e di recente anche dall’Unione Europea (Brexit), le cifre provenienti da Germania (44.700) e Svezia, che ha una popolazione pari alla Lombardia (10 milioni) e dove ci sono 10.000 impianti per una flotta elettrica di 107.000 macchine (1 ogni 10), sono indicative su come aldilà delle Alpi la mobilità sostenibile sia un orizzonte sempre più concreto.

Dalla quantità alla qualità. Oltre a una presenza deficitaria i problemi delle colonnine italiane sono la loro distribuzione sul territorio e la loro efficienza. Ben oltre la metà di esse si trovano al Nord Italia (56%) con le rimanenti sparse tra il Centro (23%), il Sud e le isole (21%). Una disomogeneità accompagnata da una capacità molto ridotta. Perché la maggior parte di loro, il 95%, sono della tipologia AC (Corrente Alternata) ed erogano una potenza tra i 23 e i 47 kW. Valori penalizzanti per il pieno della batteria, che necessita di molte ore. Al punto che se la potenza dovesse essere ancora più bassa, per esempio sotto i 7,4 kW (cioè il 22.4% delle strutture esistenti), s’impiegherebbe meno tempo per fare un viaggio in autostrada da Roma a Milano.

Gli esemplari a corrente continua, ribattezzati “fast”, cioè dai 50 kW in su, sono appena il 3.1%. E hanno un problema non di poco conto. In autostrada ce ne sono appena dieci in un tratto di circa cinquanta chilometri lungo l’A22 (Autostrada del Brennero). Ancora peggio la situazione delle cosiddette “ultrafast”, capaci di garantire un gettito di oltre 100 kW, allo stato attuale vere e proprie reliquie visto che se ne contano tra le 650 e le 700 su tutta la rete stradale nazionale. Con la particolarità che la maggior parte di loro non sono sempre

Animali domestici: abbandonarli è reato

Animali domestici

Abbandonarli è reato

Se tenerli con noi è amore, abbandonarli è orrore. Così teneri e affettuosi da volerli sempre al nostro fianco anche quando andiamo in vacanza, gli animali domestici spesso però si ritrovano al centro di storie tristi. E talvolta crudeli.

Alcune hanno fortunatamente il lieto epilogo. Come un volpino della provincia di Bari, adottato da una famiglia dopo due mesi di randagismo. Ma altre purtroppo raccontano di creature che fanno perdere le loro tracce. Oppure che vanno incontro a una brutta fine. Tanto che secondo una statistica della LAV (Lega Anti-Vivisezione), ogni anno vengono abbandonati in media 130mila animali, 80.000 cani e 50.000 gatti.

Gli autori di queste cattiverie probabilmente ignorano che con i loro gesti commettono un reato. L’abbandono di un animale domestico è sanzionato dal codice penale.

L’articolo 727 prevede pene pecuniarie, comprese tra i 1.000 e i 10.000 euro, e detentive, quantificate in un anno di reclusione. Perché disfarsi di un fedele compagno di giochi può essere anche passibile di omicidio colposo. Lo sfortunato animale potrebbe essere investito da una macchina. Oppure, senza volerlo, potrebbe causare altre vittime. Pensiamo a un cane scaricato in autostrada. Disorientato e impaurito, potrebbe cominciare a vagare contromano sulla carreggiata, rischiando di causare un incidente tra le vetture che sopraggiungono ad alta velocità.

Il reato però non si commette soltanto sbarazzandoci del nostro amico a quattro zampe. Ma anche dimenticandolo chiuso in auto, magari parcheggiata sotto il sole. Una condizione di disagio e sofferenza che, se di lunga durata, potrebbe condurlo alla morte.

Ma allora che fare qualora ci trovassimo in presenza di un cane con gli occhi tristi e senza una meta?

Innanzitutto è importante fare una distinzione tra imbattersi in un animale abbandonato e in un abbandono. Perché in quest’ultima circostanza si dovranno subito chiamare le forze dell’ordine – carabinieri, polizia o polizia municipale – per denunciare l’accaduto. Dopodiché dedicarsi alle condizioni di salute del nostro sfortunato amico. La procedura è analoga a quella per i randagi. Cioè avvisare le guardie zoofile o l’ASL e chiedere l’intervento del servizio veterinario per le cure del caso.

Qualora il ritrovamento avvenga in città o in un luogo poco trafficato, nell’attesa dei soccorsi possiamo intrattenere la povera bestiola per evitare che scappi impaurita.

Se invece ci accorgiamo che vagabondeggia in autostrada o su una strada ad alta percorrenza, converrà prima contattare la polizia stradale. Dopodiché avvicinare la creatura con molta prudenza. Per non spaventarla e per non mettere a rischio la sua incolumità e quella degli altri automobilisti.

Se il cane o il gatto hanno un collare, una medaglietta, oppure sono dotati di tatuaggio o microchip, gli inquirenti contatteranno il proprietario e provvederanno alla riconsegna. Viceversa, dopo le dovute medicazioni i cani saranno portati in un canile sanitario. Dove rimarranno finché non saranno adottati da una nuova famiglia. Mentre i mici potranno essere accolti nella casa del loro salvatore.